Negli ultimi 50 anni il processo di industrializzazione forzata e di agricoltura intensiva a cui abbiamo assistito hanno portato alla scoperta e produzione di oltre 500.000 nuove sostanze tossiche. In genere si tratta di sostanze derivate da idrocarburi (plastiche, erbicidi, pesticidi) per lo più non biodegradabili e quindi accumulabili nel tempo.
Tracce più o meno consistenti di queste sostanze hanno coinvolto ormai ogni stadio del ciclo dell’acqua, specie quello del principale filtro naturale: il terreno, portando a un graduale degrado delle risorse idriche.
Possiamo quindi affermare che non esiste più una acqua pura.
Una fondamentale premessa però è che nei nostri acquedotti l’acqua per uso civile è potabile.
L’acqua che giornalmente preleviamo dai nostri rubinetti rispetta i parametri di potabilità fissati dalla Legge, ma potabilità molto spesso non è sinonimo di alta qualità.
Capiamo la qualità dell’acqua con dei numeri e degli esempi: la crescente presenza dei nitrati nell’acqua (sostanze estremamente solubili in acqua, facilmente dilavabili nel terreno, derivanti principalmente da fertilizzanti impiegati nelle coltivazioni agricole, mangimi, liquami di allevamento, perdite o dispersioni degli impianti fognari) ha portato gli acquedotti a fissare il limite ammissibile a 50 mg per litro, ciò significa che fino a una concentrazione di 50 mg/lt di questa sostanza l’acqua è da considerarsi potabile. Ma l’organizzazione mondiale della sanità suggerisce un limite massimo pari a 10 mg/lt, specie nell’alimentazione per i bambini! Ovvero cinque volte in meno!
Questo è dovuto al fatto che i nitrati all’interno dell’organismo umano, possono trasformarsi in Nitriti (NO2), i quali, incontrando altre sostanze chimiche (come gli aminoacidi contenuti negli alimenti) reagiscono formando le Nitrosoammine, alcune delle quali universalmente riconosciute come sostanze cancerogene.
Anche se in presenza di un’acqua potabile di buona qualità, non va inoltre dimenticato che il generalizzato ricorso al cloro nell’acqua di casa quale agente antibatterico, sotto il profilo puramente organolettico, conferisce in ogni caso all’acqua un odore e un sapore decisamente sgradevoli, senza tralasciare il fatto che il cloro è esso stesso un elemento chimico velenoso.
In ultima analisi, vi è il problema delle acque dure, ovvero calcaree, o ricche di sali nell’acqua di casa, che in alcuni casi possono risultare pesanti e non piacevoli al gusto.
L’uomo pertanto si ritrova a dover fare i conti con un’acqua che non può scorrere e purificarsi in modo naturale, che è convogliata in tubazioni per lunghi tragitti e che è stata trattata chimicamente. Una cosa molto importante da chiarire, inoltre, è che il ricorso alla bollitura può essere d’ausilio solo nella rimozione dei batteri e di alcune sostanze particolarmente volatili. Tuttavia non tutte le impurità spariscono, anzi con l’acqua che evapora la loro concentrazione aumenta.
Se è molto importante l’acqua che beviamo, lo è altrettanto quella che ingeriamo attraverso gli alimenti. I cibi cotti nell’acqua assorbono gli inquinanti che essa può contenere, come assorbe ad esempio il sale da cucina (sodio), aggiunto per la pasta o la minestra. Quindi occorre porre attenzione non soltanto all’acqua che si beve, ma anche a quella presente nel cibo.
Una trattazione a parte richiederebbe il fenomeno tipicamente italiano del ricorso alle acque minerali in bottiglia. Per semplicità di trattazione è sufficiente soffermarsi sul fatto che la stragrande maggioranza delle acque in bottiglia presenta un contenuto salino equivalente a quello di moltissimi acquedotti, senza però la stessa garanzia del rispetto dei parametri valevoli per l’acqua di acquedotto. Il contenuto di sostanze inquinanti permesse nelle bottiglie di minerale è ben superiore di quello massimo ammesso per la rete idrica, sfiorando il paradosso che in certi casi molte acque minerali in commercio non supererebbero il test di potabilità. Emblematico è il caso dell’arsenico: limitato a 50 microgrammi per litro nell’acqua di rubinetto e tollerato fino a 200 microgrammi per litro nelle bottiglie di acque minerale. (Questo grazie al Decreto Legge n. 542 del 1992).
Acqua in bottiglia poi vuol dire anche problemi di trasporto (non dimentichiamo che le bottiglie di minerale giungono sulle nostre tavole dopo aver percorso svariati chilometri all’interno di camion o autotreni), di dispendio energetico, di smaltimento di rifiuti e di stoccaggio.
In più, se le bottiglie in vetro offrono sicurezza igienica, quelle in materiale plastico invece (peraltro le più diffuse) possono cedere sostanze indesiderabili, specie se vengono stoccate in luogo caldo, oppure alla luce del sole (è noto a tutti il fenomeno di quel leggero sapore da plastica trasmesso dal contenitore al liquido trasparente).
L’unica soluzione per ovviare a tutti questi problemi è quella di depurare l’acqua. Qui è spiegato come è possibile depurare l’acqua e come la depuriamo noi di progresswater.